Minimo intervento

Il rapporto tra i materiali che costituiscono l’oggetto e la loro conservazione è la sola garanzia di autenticità del suo messaggio in quanto  l’immagine si crea con quella stessa materia.
Dato che il restauro si avvale di scienze esatte ma è, di per sé, una disciplina filosofica, prima di ogni singolo intervento si opera inevitabilmente una scelta tra le diverse logiche possibili, dove si tratta di intuire e operare sull’esile confine che divide intervento preventivo e minimo intervento.
L’ampliamento di casi e problematiche nel Novecento ha indotto il restauratore a cambiare approcci, attrezzature e materiali d’uso. Vengono perciò studiati di volta in volta interventi ad hoc applicabili anche per il così detto restauro dell’arte antica. Anche perché, là dove sia già stata sottoposta a un restauro, è ormai “contemporanea” nei nuovi materiali introdotti.
Il “restauro del contemporaneo” è un concetto che ha già fatto il suo tempo. In realtà  la nuova disciplina di studio e ricerca, che è stata stimolata dalle innovazioni intrinseche alle opere d’arte del XX secolo, andrebbe più propriamente definita come: “restauro contemporaneo”. Inteso quale applicazione di metodologie mirate, con una più ampia gamma di prodotti a disposizione. L’azione del restauratore non varia quindi in virtù della cronologia dell’opera ma in funzione della possibilità di agire nel rispetto di ciò che la costituisce: la forma della sua materia. Le soluzioni stimolate dalla complessità e dalla contaminazione dei materiali usati nelle opere d’arte contemporanea devono quindi migliorare l’intervento di restauro, anche sulle opere d’arte antica, proprio in virtù della loro minore invasività.
Resta la riluttanza di coloro che non vogliono usare materiali nuovi sull’arte antica: una resistenza a un cambiamento che male interpreta quanto di più basilare ci sia, ancora oggi, nella teoria di Cesare Brandi: il senso materiale dell’opera quale imprescindibile valore costitutivo per il suo riconoscimento.
Si deve quindi parlare del restauro della materia e della sua valenza formale. E si deve agire rispettando l’assunto della non divisibilità del valore estetico dal valore storico dell’opera (e quindi dalla salvaguardia di ogni sua componente, anche quella non esposta allo sguardo del pubblico).
Tornando ai principi del Suardo un buon restauratore deve non prevaricare l’opera ma, adattando alla disciplina un precetto sull’arte di John Berger, deve prima di tutto soddisfarla.

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