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Maria Fratelli, Davide Riggiardi, Le casse, Verifiche sperimentali, Esperienze di viaggio: i monitoraggi, in Maria Fratelli, Beni Mobili: la movimentazione delle opere d’arte. Riflessioni, esperienze e progetti della Galleria d’Arte Moderna di Milano, Padova, il prato, 2009, pagg. 67/148 ISBN 978-88-6336-056-1

Le opere d’arte, per propria composizione, storia ed interazioni con l’ambiente, sono manufatti a rischio permanente, anche al di fuori delle condizioni di trasporto, che rappresentano soltanto un momento più delicato, in cui questo pericolo aumenta. Ciò non toglie che ulteriori studi volti alla conoscenza ed al comportamento dei materiali per gli imballaggi, uniti ad un monitoraggio che registri i momenti di maggior criticità, possono suggerire soluzioni sempre più appropriate.

 

Davide Riggiardi, Dipinti su tela, in Maria Fratelli, Beni Mobili: la movimentazione delle opere d’arte. Riflessioni, esperienze e progetti della Galleria d’Arte Moderna di Milano, Padova, il prato, 2009, pagg. 171/188 ISBN 978-88-6336-056-1

I dipinti su tela, apparentemente più semplici da movimentare rispetto ad una scultura perché leggeri e maneggevoli, sono in realtà organismi complessi, costituiti da una stratificazione di materiali differenti, ciascuno con una propria reattività alle sollecitazioni meccaniche e climatiche. Il precario equilibrio che governa l’interazione di questi assemblaggi polimaterici viene violato ad ogni mutamento proprio a causa delle molteplicità costitutive. Oltre al degrado, legato alle condizioni ambientali e agli stress meccanici, bisogna considerare anche il degrado intrinseco dei materiali costituenti e di quelli utilizzati nei restauri. La conoscenza dei materiali costitutivi e la loro interazione, può aiutarci a capire quali parametri tenere maggiormente in considerazione per ogni opera manipolata, al fine di trovare soluzioni efficaci che riducano tempi, procedure, rischi ambientali ed umani.

Alain Roche, Silvia Ottolini, Davide Riggiardi, Studio meccanico del potere consolidante di una selezione di consolidanti in rapporto a cariche e a pigmenti impiegati in pittura, atti del IV Congresso Internazionale: Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia 2°. Milano, 21/22 novembre 2008, Centro Congressi Fondazione CARIPLO, pagg. 137/158 ISBN 978-88-6336-054-7

L’efficacia di un consolidamento dipende innanzi tutto dalla compatibilità tra il consolidante, le particelle (pigmenti e cariche, additivi) e il legante. Allo stesso tempo dipende anche dai fenomeni di penetrazione e di interfaccia. Il potere consolidante che viene considerato come misura del consolidamento, può essere definito come l’attitudine di un consolidante a restituire ad un solido pulverulento un grado di coesione superiore alla coesione del solido stesso prima del consolidamento. Lo scopo di questo studio condotto su modelli, è stato quello di determinare il potere consolidante di un certo numero di adesivi, scelti tra quelli tradizionalmente più utilizzati, rispetto a cariche e pigmenti comunemente impiegati in pittura e di porre in primo piano i meccanismi che si producono.

Maria Fratelli, Alessandra Tibiletti, Davide Riggiardi, Flavia Tisato, Marcello Picollo, Open studio sulle semilunette della Galleria Vittorio Emanuele II conservate alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, atti del Congresso Internazionale: Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia 2°. Milano, 21/22 novembre  2008, Centro Congressi Fondazione CARIPLO, pagg. 113/136 ISBN 978-88-6336-054-7

Il preliminare confronto tra Museo, restauratore, CESMAR7 ed istituti scientifici per stabilire l’intervento, e le linee di ricerca sulle semilunette della Galleria Vittorio Emanuele II, sono il fondamento di un open studio. Tale criterio ha consentito di calibrare l’intervento sulle le problematiche dell’opera e di impiegare le analisi non solo a scopo conoscitivo ma anche di verifica. Le dimensioni del dipinto ed il suo degrado suggerivano un intervento flessibile e leggero che ha condotto alla costruzione di attrezzature ad hoc ed a soluzioni inedite per la pulitura, per il consolidamento e per supportare il tessuto, vedendo l’impiego di un reticolo di kevlar, sia durante le fasi di lavorazione sia come sostituto della foderatura.

Marco Cagna, Davide Riggiardi, L’uso applicativo del CCD come materiale da conservazione, Atti del Congresso Internazionale: Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia 2°. Milano, 21/22 novembre  2008, Centro Congressi Fondazione CARIPLO, pagg. 55/60 ISBN 978-88-6336-054-7

In un precedente articolo, era stata presentata la modalità per utilizzare il Ciclododecano come consolidante a tempo determinato. Questa ulteriore ricerca vuole esaminare il comportamento del ciclododecano dopo significative e ripetute variazioni di temperatura per impedire o ridurre la sublimazione del Ciclododecano applicato con funzione conservativa. Sono state individuate le modalità in cui il Ciclododecano, in base alla metodologia applicativa ed ai supporti impiegati, sublima più velocemente per studiare le caratteristiche di una quantità di riserva che concorra attivamente al bilanciamento dell’equilibrio dinamico del sistema.

Davide Riggiardi, Marco Cagna, I consolidanti nel sistema dipinto, atti del Convegno Internazionale:  Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia. Milano, 10/11 novembre  2006, Museo della Scienza e della Tecnologia., pagg. 99/107 ISBN 978-88-89566-93-0

La ricerca propone la messa a punto di un metodo efficace per ottenere informazioni sulla migrazione degli adesivi all’interno del dipinto, sul loro comportamento negli strati (ancoraggio, riempimento), in superficie (depositi, cambio di indice di rifrazione), su come interagiscono con la materia costituente l’opera (saturazione delle porosità) e ne modificano le caratteristiche. Per osservare l’adesivo all’interno della struttura del dipinto, sarebbe necessario un lento e graduale avvicinamento all’opera, fino ad entrare nella materia e nelle relazioni tra i diversi strati. Questo consentirebbe di muoversi sui percorsi condotti dall’adesivo, fino ad arrivare ad osservare, con una visione macroscopica, il dipinto in sezione, così da vedere tutti gli strati compresa la tela. Non è però possibile in stratigrafia individuare il consolidante così come viene applicato. A tal fine, ci siamo prefissati come obiettivo primario quello di trovare un sistema per rendere riconoscibile l’adesivo nei campioni. L’utilizzo di un marcatore dell’adesivo permette di evidenziare ed osservare dove e come il consolidante si posiziona nella struttura del dipinto.

Davide Riggiardi, Marco Cagna , Un legante volatile: il ciclododecano, atti del Convegno Internazionale:  Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia. Milano, 10/11 novembre  2006, Museo della Scienza e della Tecnologia., pagg. 109/113 ISBN 978-88-89566-93-0

La proposta illustrata nasce dai bisogni di due dipinti su tela di grandi dimensioni gravemente degradati della Galleria d’Arte Moderna di Milano e mai restaurati, che dovevano necessariamente essere riavvolti su rullo. La soluzione individuata ha previsto l’utilizzo del Ciclododecano perché è un prodotto che sublima senza lasciare traccia. L’obbiettivo della sperimentazione è quello di mantenere il CCD applicato all’opera, per un tempo determinato dal restauratore e non dai tempi di sublimazione del prodotto. Il sistema proposto può rappresentare un’alternativa possibile alla consueta accezione di velinatura quando sono necessari interventi provvisori o d’urgenza, quali consolidamenti, fissaggi di cromie, velinature che debbano essere mantenuti sull’opera per un tempo controllabile, funzionale alle necessità conservative. Per questa casistica di interventi il CCD può essere utilizzato invece degli adesivi tradizionali che spesso “inquinano” l’opera e che nel tempo diventano sempre più difficilmente asportabili. Il controllo della sublimazione è quindi un fattore determinante per governare i tempi di permanenza dell’adesivo sull’opera.

Davide Riggiardi,  Opere senza veli: Le criticità della velinatura dei dipinti e le alternative possibili, Atti del convegno: Lo Stato dell’Arte 4, IV Congresso Nazionale IGIIC, Siena, 28/30 settembre 2006, pagg. 173/178 ISBN 88-404-4150-6

Wishwa Raj Mehra ama dire: “Il restauratore applica la velinatura più per proteggere se stesso che non il dipinto”. L’articolo prende in esame la velinatura, analizzandone gli aspetti ed i possibili problemi riguardanti l’applicazione, la permanenza e la rimozione, per poi proporre una serie di alternative mirate a risolvere i degradi specifici, che abitualmente vengono affrontati indiscriminatamente con questa pratica consolidata dalla tradizione.

 

 

Davide Riggiardi, Jannis Kounellis, in Marina Pugliese, Tecnica mista Materiali e procedimenti nell’arte del XX secolo, Milano, Bruno Mondadori, 2006, pagg. 78/81 ISBN 88-424-9239-6

La scheda sull’opera dell’artista greco, di proprietà delle Civiche Raccolte d’Arte di Milano, si inserisce all’interno del volume che indaga gli aspetti costruttivi e la moltitudine di materiali che caratterizzano la produzione artistica del secolo scorso. Soffermandosi sull’analisi degli elementi costruttivi, è possibile suggerire da un’angolazione non consueta una lettura dell’opera che denuncia un aspetto che non può essere trascurato: le opere hanno una propria fisicità, un peso e sono fatte di materia. Questi spunti vorrebbero essere elementi sostanziali per la comprensione dell’opera.

 

 

Davide Riggiardi, Interenti di restauro conservativo su dipinti senza disarcionarli dal telaio originale, atti del convegno: Lo Stato dell’Arte 3, III Congresso Nazionale IGIIC, Palermo, 22/24 settembre 2005, pagg. 186/193 ISBN 88-404-4144-1

I casi sempre più diversificati, soprattutto a causa dei nuovi materiali e delle sperimentazioni tecniche nell’arte contemporanea, non possono più essere affrontati operando nell’alveo della tradizione ma si devono trovare nuovi materiali e nuove soluzioni di intervento nella logica tracciata della minore invasività possibile. Il principio dell’unitarietà tra immagine e struttura complessiva, resta comunque valido per le opere di ogni epoca, quando si vuole riconoscere e mantenere la loro storia materiale. In nome del rispetto di ogni componente materica, occorre trovare per ogni opera soluzioni mirate perché qualunque nuovo materiale andiamo ad introdurre muta un equilibrio consolidato, così come ogni inutile modifica delle componenti dell’opera altera un’armonia.

Davide Riggiardi, Il trasporto delle opere d’arte: messa a punto di un sistema completo a basso costo, atti del convegno: Lo Stato dell’Arte 3, III Congresso Nazionale IGIIC, Palermo, 22/24 settembre 2005, pagg. 446/453 ISBN 88-404-4144-1

Le opere si muovono, spesso, forse troppo, ma non è certo esecrando l’attuale proliferare di mostre che si risolve il problema. E occuparsi di movimentazione significa trovare soluzioni adeguate per molti tipi di viaggio, dove spesso il trasferimento in mostra, tutelato da condizioni di prestito redatte con cura meticolosa dai conservatori, accompagnato e monitorato, non è certo la sola fonte di rischio. Le opere vengono movimentate quasi quotidianamente e con meno cautele (senza casse per esempio), all’interno dei musei dove, per ragioni manutentive o per motivi legati alla messa a norma dei luoghi di conservazione, vengono spostate, anche più volte, in ambienti di permanenza temporanea. Vengono spostate anche per andare negli studi di restauro dove, troppo spesso, una certa sprezzatura del restauratore lo induce a prenderle in carico senza sufficienti precauzioni (imballi leggeri senza controllo del clima) forte della certezza del suo intervento terapeutico. È dalla necessità di trovare soluzioni economiche ma efficaci che nasce questo articolo.

Davide Riggiardi, L’uso di un supporto rigido per trattamenti su tavola a bassa pressione e per il trasporto di opere d’arte, poster per II Congresso internazionale: Colore e conservazione, Minimo intervento conservativo nel il restauro dei dipinti. Thiene, (VI) 29-30 Ottobre 2004 ISBN 88-89566-29-9 1

Un materiale con caratteristiche di rigidità, unite ad una permeabilità all’aria, offre possibilità d’impiego in più applicazioni: è possibile utilizzarlo, inserito nella luce interna del telaio sia per operare sul piano aspirato, senza smontare il dipinto dal proprio telaio, sia per proteggere il retro della tela, temporaneamente durante un trasporto, per ridurre la fluttuazione della tela, per proteggerla dagli urti, dalla polvere e per rallentare gli scambi termoigrometrici con l’ambiente, oppure come sostegno al supporto.

 

Maria Fratelli, Roberta Gasperini, Davide Riggiardi, Atmosfere modificate ottenute con assorbitori di ossigeno ATCO®. Caso applicativo di utilizzo per la disinfestazione e la protezione dei dipinti conservati nella Galleria d’Arte Moderna di Milano, poster per II Congresso internazionale: Colore e conservazione, Minimo intervento conservativo nel il restauro dei dipinti. Thiene, (VI) 29-30 Ottobre 2004 ISBN 88-89566-29-9 1

I lavori di ristrutturazione della Galleria d’Arte Moderna di Villa Reale a Milano, avviati nel novembre del 2002, sono stati occasione per trattare con atmosfere modificate ottenute con assorbitori d’ossigeno oltre 2000 dipinti conservati nei depositi e le 250 opere della collezione Grassi. La contiguità tra opere infestate e non, imponeva un trattamento antitarlo esteso a tutte; l’intervento non richiede metodologie complesse e preserva le opere in buste trasparenti da eventuali rischi di infiltrazioni di acqua dai tetti in rifacimento, dalla polvere e dalle variazioni microclimatiche lasciando le opere visibili e fruibili. Il trattamento, mai applicato su così ampia scala e non testato per periodi lunghi, è stato realizzato dai custodi museali con la guida del conservatore, del restauratore e del biologo.

Davide Riggiardi, Concetto spaziale, 1955. Un esempio di restauro del contemporaneo, in Università degli Studi di Milano, L’Uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità, anno 1 n. 1, Milano CUEM giugno 2003, pag. 106/108. ISSN-1828-4663

Il fatto che opere relativamente recenti subiscano più interventi consecutivi di restauro sembra un “accanimento terapeutico” che suscita domande e perplessità, da un lato sulla effettiva necessità di mettere mano a opere così giovani, dall’altro sulle ragioni per cui queste siano così deperibili. Nel caso specifico, al di là della questione del mal riposizionamento della tela sul telaio, era imprescindibile un intervento sulle lacerazioni della tela, che rischiavano di peggiorare fino a compromettere la tenuta di questa sul telaio, e sul sollevamento della preparazione, che poteva causare il distacco dei vetri. Sorge spontaneo il dubbio sulla qualità delle scelte tecniche operate dall’artista nel realizzare il pezzo: si potrebbe imputargli un’accusa di imperizia nella scelta dei materiali e nella realizzazione del sistema. In realtà, la fragilità di opere quali quelli di Lucio Fontana, è un requisito intrinseco e costitutivo della loro poetica dove l’introduzione di pietre, vetri o paste cromatiche non omogenee, ed il coinvolgimento del supporto nella composizione con fori, quando non addirittura squarci, sono finalizzati alla costruzione di un manufatto la cui leggerezza è raccontata dalla poesia della sua stessa vulnerabilità.

Maria Fratelli, Davide Riggiardi, Alessandra Tibiletti, Un restauro contemporaneo, in Gabriella Anedi, Laura Colombo, Glauco Mambrini, Claudio Zanini, a cura di, catalogo della mostra I materiali dell’arte contemporanea, le ragioni del fare, i problemi del conservare, L.A.S. Boccioni, Fabio D’Ambrosio Editore, marzo 2002, pp 58/63

Le peculiarità costruttive di Intersuperficie curva nel bianco di Paolo Scheggi, come del resto le peculiarità di ogni opera, non solo di arte contemporanea, impongono la necessità di analizzare di volta in volta le necessità ed i limiti imposti dall’opera per calibrare l’intervento. Il restauro contemporaneo si prefigge di risolvere in modo mirato e spesso con soluzioni ingegnose non ancora codificate, problemi che la tradizione affrontava con interventi troppo invasivi.

Davide Riggiardi Alessandra Tibiletti, Schede tecniche delle opere in Marina Pugliese (a cura di), Umberto Boccioni, Analisi tecnica di Donna al Caffè, Il bevitore, Sotto la pergola a Napoli, collana Tecniche, Milano Civiche Raccolte d’Arte 2001, pag. 23/29

L’analisi condotta su tre opere di Boccioni: Donna al caffè, 1912, Il bevitore, 1914, Sotto la pergola a Napoli, 1914, ha visto coinvolte varie figure professionali: gli storici dell’arte, i restauratori e gli scienziati per raccogliere dati sulla tecnica del pittore futurista. Le analisi non invasive sono state condotte sia con una videocamera digitale CCD per effettuare una serie di rilevamenti generali e locali a infrarosso in bianco e nero, a falso colore, a fluorescenza U.V. e retroilluminazione sia con uno spettrometro XRF portatile per l’analisi della fluorescenza x dei pigmenti secondo dei rilevamenti puntuali effettuati nelle stesse zone dei dipinti analizzate con lo strumento precedente. L’insieme dei dati è stato poi comparato con le informazioni sulla tecnica presenti negli scritti di Boccioni, con una analisi organolettica delle altre opere dell’artista presenti in collezione e con un raffronto con i prodotti per belle arti presenti sul mercato all’epoca.

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