Pubblicazioni

Alain Roche, Silvia Ottolini, Davide Riggiardi, Studio meccanico del potere consolidante di una selezione di consolidanti in rapporto a cariche e a pigmenti impiegati in pittura, atti del IV Congresso Internazionale: Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia 2°. Milano, 21/22 novembre 2008, Centro Congressi Fondazione CARIPLO, pagg. 137/158 ISBN 978-88-6336-054-7

L’efficacia di un consolidamento dipende innanzi tutto dalla compatibilità tra il consolidante, le particelle (pigmenti e cariche, additivi) e il legante. Allo stesso tempo dipende anche dai fenomeni di penetrazione e di interfaccia. Il potere consolidante che viene considerato come misura del consolidamento, può essere definito come l’attitudine di un consolidante a restituire ad un solido pulverulento un grado di coesione superiore alla coesione del solido stesso prima del consolidamento. Lo scopo di questo studio condotto su modelli, è stato quello di determinare il potere consolidante di un certo numero di adesivi, scelti tra quelli tradizionalmente più utilizzati, rispetto a cariche e pigmenti comunemente impiegati in pittura e di porre in primo piano i meccanismi che si producono.

Maria Fratelli, Alessandra Tibiletti, Davide Riggiardi, Flavia Tisato, Marcello Picollo, Open studio sulle semilunette della Galleria Vittorio Emanuele II conservate alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, atti del Congresso Internazionale: Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia 2°. Milano, 21/22 novembre  2008, Centro Congressi Fondazione CARIPLO, pagg. 113/136 ISBN 978-88-6336-054-7

Il preliminare confronto tra Museo, restauratore, CESMAR7 ed istituti scientifici per stabilire l’intervento, e le linee di ricerca sulle semilunette della Galleria Vittorio Emanuele II, sono il fondamento di un open studio. Tale criterio ha consentito di calibrare l’intervento sulle le problematiche dell’opera e di impiegare le analisi non solo a scopo conoscitivo ma anche di verifica. Le dimensioni del dipinto ed il suo degrado suggerivano un intervento flessibile e leggero che ha condotto alla costruzione di attrezzature ad hoc ed a soluzioni inedite per la pulitura, per il consolidamento e per supportare il tessuto, vedendo l’impiego di un reticolo di kevlar, sia durante le fasi di lavorazione sia come sostituto della foderatura.

Davide Riggiardi, Marco Cagna, I consolidanti nel sistema dipinto, atti del Convegno Internazionale:  Colore e conservazione, L’attenzione alle superfici pittoriche, materiali e metodi per il consolidamento e metodi scientifici per valutarne l’efficacia. Milano, 10/11 novembre  2006, Museo della Scienza e della Tecnologia., pagg. 99/107 ISBN 978-88-89566-93-0

La ricerca propone la messa a punto di un metodo efficace per ottenere informazioni sulla migrazione degli adesivi all’interno del dipinto, sul loro comportamento negli strati (ancoraggio, riempimento), in superficie (depositi, cambio di indice di rifrazione), su come interagiscono con la materia costituente l’opera (saturazione delle porosità) e ne modificano le caratteristiche. Per osservare l’adesivo all’interno della struttura del dipinto, sarebbe necessario un lento e graduale avvicinamento all’opera, fino ad entrare nella materia e nelle relazioni tra i diversi strati. Questo consentirebbe di muoversi sui percorsi condotti dall’adesivo, fino ad arrivare ad osservare, con una visione macroscopica, il dipinto in sezione, così da vedere tutti gli strati compresa la tela. Non è però possibile in stratigrafia individuare il consolidante così come viene applicato. A tal fine, ci siamo prefissati come obiettivo primario quello di trovare un sistema per rendere riconoscibile l’adesivo nei campioni. L’utilizzo di un marcatore dell’adesivo permette di evidenziare ed osservare dove e come il consolida.

Davide Riggiardi,  Opere senza veli: Le criticità della velinatura dei dipinti e le alternative possibili, Atti del convegno: Lo Stato dell’Arte 4, IV Congresso Nazionale IGIIC, Siena, 28/30 settembre 2006, pagg. 173/178 ISBN 88-404-4150-6

Wishwa Raj Mehra ama dire: “Il restauratore applica la velinatura più per proteggere se stesso che non il dipinto”. L’articolo prende in esame la velinatura, analizzandone gli aspetti ed i possibili problemi riguardanti l’applicazione, la permanenza e la rimozione, per poi proporre una serie di alternative mirate a risolvere i degradi specifici, che abitualmente vengono affrontati indiscriminatamente con questa pratica consolidata dalla tradizione.

Davide Riggiardi, Interenti di restauro conservativo su dipinti senza disarcionarli dal telaio originale, atti del convegno: Lo Stato dell’Arte 3, III Congresso Nazionale IGIIC, Palermo, 22/24 settembre 2005, pagg. 186/193 ISBN 88-404-4144-1

I casi sempre più diversificati, soprattutto a causa dei nuovi materiali e delle sperimentazioni tecniche nell’arte contemporanea, non possono più essere affrontati operando nell’alveo della tradizione ma si devono trovare nuovi materiali e nuove soluzioni di intervento nella logica tracciata della minore invasività possibile. Il principio dell’unitarietà tra immagine e struttura complessiva, resta comunque valido per le opere di ogni epoca, quando si vuole riconoscere e mantenere la loro storia materiale. In nome del rispetto di ogni componente materica, occorre trovare per ogni opera soluzioni mirate perché qualunque nuovo materiale andiamo ad introdurre muta un equilibrio consolidato, così come ogni inutile modifica delle componenti dell’opera altera un’armonia.

Davide Riggiardi, L’uso di un supporto rigido per trattamenti su tavola a bassa pressione e per il trasporto di opere d’arte, poster per II Congresso internazionale: Colore e conservazione, Minimo intervento conservativo nel il restauro dei dipinti. Thiene, (VI) 29-30 Ottobre 2004 ISBN 88-89566-29-9 1

Un materiale con caratteristiche di rigidità, unite ad una permeabilità all’aria, offre possibilità d’impiego in più applicazioni: è possibile utilizzarlo, inserito nella luce interna del telaio sia per operare sul piano aspirato, senza smontare il dipinto dal proprio telaio, sia per proteggere il retro della tela, temporaneamente durante un trasporto, per ridurre la fluttuazione della tela, per proteggerla dagli urti, dalla polvere e per rallentare gli scambi termoigrometrici con l’ambiente, oppure come sostegno al supporto.

Davide Riggiardi, Concetto spaziale, 1955. Un esempio di restauro del contemporaneo, in Università degli Studi di Milano, L’Uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità, anno 1 n. 1, Milano CUEM giugno 2003, pag. 106/108. ISSN-1828-4663

Il fatto che opere relativamente recenti subiscano più interventi consecutivi di restauro sembra un “accanimento terapeutico” che suscita domande e perplessità, da un lato sulla effettiva necessità di mettere mano a opere così giovani, dall’altro sulle ragioni per cui queste siano così deperibili. Nel caso specifico, al di là della questione del mal riposizionamento della tela sul telaio, era imprescindibile un intervento sulle lacerazioni della tela, che rischiavano di peggiorare fino a compromettere la tenuta di questa sul telaio, e sul sollevamento della preparazione, che poteva causare il distacco dei vetri. Sorge spontaneo il dubbio sulla qualità delle scelte tecniche operate dall’artista nel realizzare il pezzo: si potrebbe imputargli un’accusa di imperizia nella scelta dei materiali e nella realizzazione del sistema. In realtà, la fragilità di opere quali quelli di Lucio Fontana, è un requisito intrinseco e costitutivo della loro poetica dove l’introduzione di pietre, vetri o paste cromatiche non omogenee, ed il coinvolgimento del supporto nella composizione con fori, quando non addirittura squarci, sono finalizzati alla costruzione di un manufatto la cui leggerezza è raccontata dalla poesia della sua stessa vulnerabilità.

Maria Fratelli, Davide Riggiardi, Alessandra Tibiletti, Un restauro contemporaneo, in Gabriella Anedi, Laura Colombo, Glauco Mambrini, Claudio Zanini, a cura di, catalogo della mostra I materiali dell’arte contemporanea, le ragioni del fare, i problemi del conservare, L.A.S. Boccioni, Fabio D’Ambrosio Editore, marzo 2002, pp 58/63

Le peculiarità costruttive di Intersuperficie curva nel bianco di Paolo Scheggi, come del resto le peculiarità di ogni opera, non solo di arte contemporanea, impongono la necessità di analizzare di volta in volta le necessità ed i limiti imposti dall’opera per calibrare l’intervento. Il restauro contemporaneo si prefigge di risolvere in modo mirato e spesso con soluzioni ingegnose non ancora codificate, problemi che la tradizione affrontava con interventi troppo invasivi.

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